Dici Riccardo Maspero e ti rispondono: «A sì, quello dello scavetto». Raccontiamola subito, la storia dello scavetto. E' il 14 ottobre 2001, Riccardo Maspero, attuale allenatore del Pavia, gioca nel Torino. C'è il derby con la Juve. I bianconeri sono in vantaggio 3-0 alla fine del primo tempo. Clamorosa rimonta granata fino al 3-3 (con gol del nostro allenatore) e l'arbitro nel finale fischia un rigore per la Juve. Il sogno del pareggio svanisce? Neanche per idea. Mentre tutti protestano con l'arbitro, Maspero va sul dischetto e, con la punta dello scarpino, scava una piccola buca. Va lo juventino Salas a tirare dagli undici metri e mette la palla proprio nella buca. Poi prende la rincorsa e tira. Rigore sbagliato, il pallone va altissimo sopra la traversa e finisce 3-3. Maspero, da allora, è ricordato per lo scavetto. Uno gioca una vita a calcio, (Fanfulla, Cremonese, Sampdoria, Torino, Vicenza, Perugia, Fiorentina, ecc..) e lo ricordano per quella buca sul dischetto del rigore.
Si nasce o si diventa calciatori?
«Non lo so. Io sono nato per giocare a calcio. E' tutta la mia vita».
I primi calci all'oratorio?
«Quello di Maria Ausiliatrice, a Lodi. Due campi in cemento. Si giocava a "rimandi", due contro due. Uno in porta e uno fuori. Il portiere ti passa la palla e con tre tocchi devi fare gol. E chi perde paga la spuma, o il ghiacciolo».
Un prete cattivo c'è sempre.
«Don Angelo, ci dava di quelle gnocche in testa».
Poi Fanfulla, Cremonese, Sampdoria… Ma, se non avesse fatto il calciatore, c'era pronta un'altra strada?
«Mio zio era direttore alla Banca Popolare di Lodi, magari sarei andato in banca. Lì c'è ancora mio fratello, che ha giocato anche a Casteggio e Mede, poi ha smesso».
Per questo ha studiato da ragioniere?
«Per forza. Ma guardi, sono arrivato alla quarta».
Neanche il diploma?
«Andavo a scuola a Lodi, all'una prendevo la corriera della Sgea per Codogno. Quindi il treno per Cremona. Tornavo alle 8 di sera, stanco morto. A sedici anni ho debuttato in serie B. Siamo andati allo spareggio per la promozione in A contro la Reggina, si giocava a Pescara. Da Reggio Calabria sono arrivati in 18 mila, da Cremona, per un casino con i pullman, soltanto in 200. Siamo andati ai rigori. Uno l'hanno fatto tirare anche a me. L'ho segnato, siamo andati in A. Ho smesso di studiare».
Finita la carriera è andato anche in fabbrica…
«Alla Omcrop, l'azienda della famiglia di mia moglie Simona. Facciamo sollevatori, ce li ha presente i crick delle macchine?».
I crick nelle macchine non ci sono più. Ci sono gli spray per gonfiare la gomma in caso di foratura. Rischiate di andare in crisi, meglio allenatore il Pavia...
«Ma no, facciamo in genere impianti di sollevamento, anche per le moto. E' un'attività che segue principalmente mia moglie».
I figli, però, vanno a scuola. Studiano da ragionieri?
«No, lo sa, la Banca Popolare di Lodi ha avuto quei problemi… In pratica non c'è più. E mio zio è andato in pensione».
Va bene, se ne parla quando saranno grandi…
Due maschi e una femmina. I maschi giocano anche a calcio. La più piccola, Victoria, ha 8 anni. Fa la raccattapalle a fianco della mia panchina. Ed è innamorata di El Shaarawy».
E' innamorata della cresta?
«Così va il mondo. Ci sono ragazzi di vent'anni che hanno in mente il taglio dei capelli e la playstation. E pensano di essere già calciatori affermati. Ai miei tempi era diverso».
Non dica così. Lei è nato nel 1970. Trent'anni fa Mazzola e Rivera dicevano le stesse cose di quelli della sua generazione. Il mondo cambia, va avanti. Da sempre si sentono i più anziani criticare i più giovani. E' così da migliaia di anni.
«Lo ammetto, sono un po' all'antica. Non ho Facebook, né Twitter. Quando vedo i miei giocatori che si fanno la riga ai capelli come Cristiano Ronaldo, mi vengono in mente le corriere della Sgea per andare da Lodi a Cremona».
Maspero, la smetta. Parliamo degli allenatori che più stima.
«Gigi Simoni su tutti. Mi ha plasmato, mi ha fatto diventare uomo. Ma ho imparato un po' da tutti, da Allegri, da Donadoni, da Montella».
Troppo facile. E il più cattivo?
«Guidolin. Nel Vicenza non mi faceva mai giocare e io soffrivo da matti. Ora, quando devo gestire un giocatore insoddisfatto, mi rifaccio alle regole di Guidolin».
Dove vuole arrivare?
«Ad allenare il Pavia l'anno prossimo in serie B. E poi non so, sono ambizioso. Ma chi lo sa, non mi pongo limiti, anche il Real Madrid o il Barcellona».
Complimenti, è sempre meglio volare alto. Però, se va all'estero, almeno un profilo su Facebook, per mantenere un po' di contatti…
«Sarò costretto. Ma lo sa che il professore di mio figlio mette su Facebook i compiti delle vacanze? Senza Facebook non può fare i compiti...
Gliel'ho detto che il mondo cambia. E sappia che per andare a Madrid non c'è la corriera della Sgea. Ma, non guardiamo troppo avanti. Domenica si vince?
«Sarebbe un bel passo avanti».
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