Meditate:
http://www.huffingtonpost.it/michele-st ... _ref=italy
Sembra finalmente giunta a conclusione la lunga questione sul possibile spostamento dei Bronzi di Riace a Milano, in occasione dell'Expo 2015. La commissione dei tecnici riuniti dal Ministro Franceschini è stata chiara: microfessure, problemi di tenuta strutturale e un indebolimento generale dei due capolavori dell'Antichità impongono la massima prudenza, e la rinuncia al viaggio. Immediata la reazione di chi più di tutti appoggiava l'esposizione milanese delle statue, Vittorio Sgarbi e Roberto Maroni: "Decisione politica, e danno economico per la stessa Calabria, che avrebbe potuto guadagnare fino a 50 milioni (!) dal trasferimento".
Al di là dei giudizi politici, e lasciando da parte per un attimo l'opportunità di liquidare così la relazione di un gruppo di persone che di archeologia e restauro hanno una certa esperienza (da Giuliano Volpe alla Soprintendente Bonomi, alla direttrice dell'ISCR Capponi, fino a De Caro (ICCROM), Malfitata (CNR), De Canio (ENEA) e Zanardi (Università di Urbino), colpisce il lungo strascico dell'affaire Bronzi, attraverso i canali dei vecchi e nuovi media, dalla stampa ai social. Chi plaude alla decisione riaprendo vecchie ferite da 'Questione Meridionale', convinto che il trasferimento delle due statue sarebbe stato un nuovo 'scippo' del Settentrione ai danni del Sud impoverito, si scontra con i nuovi fanboys dell'equazione petrolio=cultura, convinti che i Beni Culturali abbiano bisogno di manager da fast-food, e che ogni idea in grado di trasformare un reperto in denaro sonante, meglio se improntata a modelli di esterofilia spinta, vada accolta con venti minuti di applausi e tanto di inchino.
e, visto il parere dei tecnici, la questione è di per sé nulla e, con buona pace di chi desiderava il contrario, i due Bronzi resteranno al Museo di Reggio Calabria, vale forse la pena di riflettere su due punti. In primo luogo, la valorizzazione del Patrimonio: decine di esempi di mala gestione dei Beni Culturali, in Italia, hanno spinto molti (finalmente!) a considerare l'immenso spreco che si consuma quotidianamente nel nostro Paese, e a prendere consapevolezza del fatto che la nostra grande ricchezza, unica e inimitabile, si concentra nelle chiese e nei Musei, nelle necropoli e nei centri storici, nella campagne e nel sottosuolo, e perfino sul fondo del mare.
Tutti ricordano il momento in cui, durante l'ultimo viaggio all'estero, si sono accorti di come, fuori, un patrimonio più misero del nostro fosse in grado di generare ricchezza. Nessuna obiezione, parole sacrosante. L'importante, però, è tenere presente che il patrimonio, come il tanto abusato petrolio della metafora standard, non è inesauribile, e che, anzi, se non si provvede con decisione alla sua tutela, si consuma rapidamente. Si tragga denaro dall'esposizione delle statue, certo, a patto che questo non ne comprometta la conservazione. Si ascolti pure la lezione del manager di turno, che promette di portare a Pompei il 10, il 20 o il 30% di visitatori in più; a patto di riflettere (e assumersi responsabilità chiare) sui limiti e gli equilibri di un sito delicatissimo, e sulla sua capacità di accogliere turisti senza patire un degrado che, ohibò, potrebbe avere costi decisamente superiori ai ricavi nati dall'aumento di biglietti staccati.
E poi, per tornare alla querelle reggina. In tanti lamentano il fatto che i Bronzi, a Reggio, sono fruibili solo da un limitato numero di visitatori. "Colpa di questo strano Paese stretto e lungo, dell'autostrada infinita che da Salerno porta a Villa San Giovanni, e di collegamenti difficili, difficilissimi", la cantilena è standard. Eppure, verrebbe da chiedersi: ammesso che un Roma-Reggio non è un viaggio iper-facile come un Roma-Milano, cosa renderebbe la Calabria così inaccessibile? I voli quotidiani che collegano la punta d'Italia con le città del Nord costano un centinaio di euro e impiegano un'oretta. Possibile che gli Italiani, popolo di santi, poeti e soprattutto navigatori, che d'estate si fiondano in mezzo mondo e d'inverno popolano le Maldive, la Thailandia e i quattro angoli del pianeta, avvertano come irraggiungibile l'Italia a sud di Eboli? E' davvero valido l'alibi di chi dice di sentirsi privato di un capolavoro italiano (solo perché pescato in Italia, ammettiamolo) perché si decide di custodirlo vicino al luogo di rinvenimento, e poi magari visita gli Stati Uniti in una settimana, il Messico in cinque giorni, e la Turchia in quattro, con soggiorno a Istanbul, fuga di un giorno a Pamukkale (1200 km a/r) e fuga di massimo due per vedere la Cappadocia in mongolfiera (1500 km a/r, la metà su superstrada)?
Forse il veto al trasferimento dei Bronzi non è un danno, ma un'occasione: forse vale davvero la pena, visto il richiamo dei due capolavori, di pianificare qualche giorno in Calabria, e scoprire che in quel Museo così vuoto, o davanti alla stupenda Cattolica di Stilo, ai resti sul mare dell'antica Kaulonia, e all'infinità di siti, grandi e piccoli, di quella terra che ha attratto i Greci colonizzatori, e che ha vissuto decine di dominazioni nel corso dei secoli, si può provare davvero un'emozione unica. E sentirsi orgogliosi di un Paese che, da un estremo all'altro, contiene la più alta concentrazione di tesori prodotti dall'umanità.