Ritorno ai mestieri
Inviato: 11/01/2012, 19:00
http://www.corriere.it/economia/12_genn ... 3e07.shtml
Professioni e crisi
Ritorno ai mestieri che nessuno voleva fare
Liste d'attesa ai corsi per infermieri, richieste per un impiego
da muratore e persino nelle stalle. I sindacati: «Brutto segno»
MILANO - «È appena venuto da me un compaesano a portarmi il curriculum. Mi ha detto che è pronto a lavorare di sabato e di domenica. Mi ha quasi pregato. È da un anno che gli italiani sono tornati a chiedere lavoro. Prima gli unici disponibili a guidare i nostri furgoncini sette giorni su sette, notturni compresi, erano indiani e marocchini. Il faldone dei curriculum sta scoppiando».
Questo raccontava ieri sera Patrizio Ricci, presidente della Fita Cna della Lombardia e titolare dell'azienda di autotrasporti di famiglia che ritira il latte dalle fattorie della regione. I dati Istat - in modo più freddo e asettico - dicono esattamente la stessa cosa. Lasciano intuire i travagli degli italiani che stanno voltando pagina: meno snobismo nei confronti di certi mestieri, più concretezza per sbarcare il lunario.
Torniamo a Patrizio Ricci e alla sua attività in provincia di Bergamo. «Qualcuno comincia dirmi: "Basta, adesso questi stranieri lasciali a casa, prendi noi che parliamo come te". Troppo facile. La verità è che per lunghi anni sono stati proprio marocchini e indiani a tenere in piedi l'impresa».
I dipendenti del signor Ricci lavorano dalle sette di sera alle due del mattino, 365 giorni, l'anno per 2.200-2.300 euro al mese. Ma quello dell'autotrasportatore non è l'unico mestiere che torna a piacere agli italiani. Non si disdegna più nemmeno il ruolo di magazziniere. «Negli aeroporti di Linate a Malpensa fino a poco tempo fa lo smistamento dei bagagli interessava solo agli stranieri. Tanto che erano diventati quasi il 40% della forza lavoro. Adesso si candidano anche molti italiani. Peccato che ci sia poco lavoro. Al massimo si può aspirare ai contratti a termine sotto Natale e durante le vacanze estive», racconta Stefano Croce, della Filt Cgil di Milano. Poi ci sono gli infermieri. «Da una paio d'anni gli stranieri si sono fermati a quota 30%. Non crescono più per un semplice motivo: gli italiani hanno ricominciato a indossare il camice. Prima non si riuscivano a riempire i corsi universitari, adesso c'è la lista d'attesa», racconta Giovanni Mutillo, presidente dell'ordine degli infermieri di Milano.
L'elenco continua, veniamo ai muratori. «Gli italiani stavano mollando anche a Bergamo, Brescia e a Frosinone, le province dove gli addetti all'edilizia sono sempre stati di casa - fa il punto Domenico Pesenti, segretario generale della Filca Cisl nazionale -. Oggi gli italiani non snobbano più cemento e cazzuola. È ancora presto per dimensionare il fenomeno con le statistiche. Ma la tendenza è evidente. Il problema è che i posti sono pochi. Circa 200 mila sono andati persi negli ultimi tre anni».
Se in edilizia lavorano soprattutto gli uomini, quello delle pulizie è un settore femminile. Il problema è simile: con la crisi il lavoro è diminuito. Imprese e uffici tagliano il più possibile le spese. Ma anche qui sono ricomparse le candidature italiane. «Succede da un paio d'anni - certifica Graziella Carneri, segretario generale della Filcams Cgil di Milano -.
I committenti, però, tagliano le ore di lavoro. A tempo pieno si può contare su 1.100-1.200 euro. Ma la maggioranza delle lavoratrici deve accontentarsi di venti ore la settimana ed entrate dimezzate».Quasi scontato ormai parlare del ritorno delle italiane tra colf, baby sitter e badanti. In Lombardia sono stati fatti accordi sindacali con cui le lavoratrici di aziende tessili o metalmeccaniche in crisi hanno seguito corsi ad hoc per essere poi assunte dalle case di riposo del territorio. Più interessante quello che sta avvenendo in agricoltura. «Per la vendemmia a Bergamo e Brescia abbiamo registrato quest'anno moltissime candidature di italiani. Più del solito - precisa Anna Bogatto, responsabile candidature di Adecco, società del lavoro somministrato -. Lo stesso per la produzione di olio al Sud. Si tratta di un cambiamento faticoso. I primi segni li abbiamo registrati tre anni fa». «Anche nelle stalle tornano gli italiani - constata per finire Augusto Cianfoni, segretario generale nazionale della Fai Cisl -. Ma le condizioni di lavoro sono pessime. Gli italiani sono interessati da tempo all'agricoltura. A tenerli lontani, finora, sono state solo le condizioni di sfruttamento in cui si opera nel settore». In altre parole: se i giovani si avvicinano persino alle stalle, brutto segno. Significa che di lavoro ormai in giro ce n'è davvero poco».
Rita Querzè
11 gennaio 2012 | 18:39
Professioni e crisi
Ritorno ai mestieri che nessuno voleva fare
Liste d'attesa ai corsi per infermieri, richieste per un impiego
da muratore e persino nelle stalle. I sindacati: «Brutto segno»
MILANO - «È appena venuto da me un compaesano a portarmi il curriculum. Mi ha detto che è pronto a lavorare di sabato e di domenica. Mi ha quasi pregato. È da un anno che gli italiani sono tornati a chiedere lavoro. Prima gli unici disponibili a guidare i nostri furgoncini sette giorni su sette, notturni compresi, erano indiani e marocchini. Il faldone dei curriculum sta scoppiando».
Questo raccontava ieri sera Patrizio Ricci, presidente della Fita Cna della Lombardia e titolare dell'azienda di autotrasporti di famiglia che ritira il latte dalle fattorie della regione. I dati Istat - in modo più freddo e asettico - dicono esattamente la stessa cosa. Lasciano intuire i travagli degli italiani che stanno voltando pagina: meno snobismo nei confronti di certi mestieri, più concretezza per sbarcare il lunario.
Torniamo a Patrizio Ricci e alla sua attività in provincia di Bergamo. «Qualcuno comincia dirmi: "Basta, adesso questi stranieri lasciali a casa, prendi noi che parliamo come te". Troppo facile. La verità è che per lunghi anni sono stati proprio marocchini e indiani a tenere in piedi l'impresa».
I dipendenti del signor Ricci lavorano dalle sette di sera alle due del mattino, 365 giorni, l'anno per 2.200-2.300 euro al mese. Ma quello dell'autotrasportatore non è l'unico mestiere che torna a piacere agli italiani. Non si disdegna più nemmeno il ruolo di magazziniere. «Negli aeroporti di Linate a Malpensa fino a poco tempo fa lo smistamento dei bagagli interessava solo agli stranieri. Tanto che erano diventati quasi il 40% della forza lavoro. Adesso si candidano anche molti italiani. Peccato che ci sia poco lavoro. Al massimo si può aspirare ai contratti a termine sotto Natale e durante le vacanze estive», racconta Stefano Croce, della Filt Cgil di Milano. Poi ci sono gli infermieri. «Da una paio d'anni gli stranieri si sono fermati a quota 30%. Non crescono più per un semplice motivo: gli italiani hanno ricominciato a indossare il camice. Prima non si riuscivano a riempire i corsi universitari, adesso c'è la lista d'attesa», racconta Giovanni Mutillo, presidente dell'ordine degli infermieri di Milano.
L'elenco continua, veniamo ai muratori. «Gli italiani stavano mollando anche a Bergamo, Brescia e a Frosinone, le province dove gli addetti all'edilizia sono sempre stati di casa - fa il punto Domenico Pesenti, segretario generale della Filca Cisl nazionale -. Oggi gli italiani non snobbano più cemento e cazzuola. È ancora presto per dimensionare il fenomeno con le statistiche. Ma la tendenza è evidente. Il problema è che i posti sono pochi. Circa 200 mila sono andati persi negli ultimi tre anni».
Se in edilizia lavorano soprattutto gli uomini, quello delle pulizie è un settore femminile. Il problema è simile: con la crisi il lavoro è diminuito. Imprese e uffici tagliano il più possibile le spese. Ma anche qui sono ricomparse le candidature italiane. «Succede da un paio d'anni - certifica Graziella Carneri, segretario generale della Filcams Cgil di Milano -.
I committenti, però, tagliano le ore di lavoro. A tempo pieno si può contare su 1.100-1.200 euro. Ma la maggioranza delle lavoratrici deve accontentarsi di venti ore la settimana ed entrate dimezzate».Quasi scontato ormai parlare del ritorno delle italiane tra colf, baby sitter e badanti. In Lombardia sono stati fatti accordi sindacali con cui le lavoratrici di aziende tessili o metalmeccaniche in crisi hanno seguito corsi ad hoc per essere poi assunte dalle case di riposo del territorio. Più interessante quello che sta avvenendo in agricoltura. «Per la vendemmia a Bergamo e Brescia abbiamo registrato quest'anno moltissime candidature di italiani. Più del solito - precisa Anna Bogatto, responsabile candidature di Adecco, società del lavoro somministrato -. Lo stesso per la produzione di olio al Sud. Si tratta di un cambiamento faticoso. I primi segni li abbiamo registrati tre anni fa». «Anche nelle stalle tornano gli italiani - constata per finire Augusto Cianfoni, segretario generale nazionale della Fai Cisl -. Ma le condizioni di lavoro sono pessime. Gli italiani sono interessati da tempo all'agricoltura. A tenerli lontani, finora, sono state solo le condizioni di sfruttamento in cui si opera nel settore». In altre parole: se i giovani si avvicinano persino alle stalle, brutto segno. Significa che di lavoro ormai in giro ce n'è davvero poco».
Rita Querzè
11 gennaio 2012 | 18:39